Racconto di un viaggio con la Ducati Scrambler alla ricerca d'una cosa inafferrabile
1.
Nella vita, se vuoi una garanzia comprati un tostapane. (C. Eastwood.)
La conferma è arrivata improvvisa come le buone notizie. Ducati mette a disposizione del sito per cui scrivo, una Scrambler per un lungo road test. Aspetto questo momento da mesi, dalla prima prova su strada. Ho in mente l’idea di andare a cercare la Land of Joy anche attraverso un’estate infuocata come quella di quest’anno.
Protetto dai 24 gradi del mio ufficio, guardo una pianta che qualche collega già andato in ferie ha lasciato ad arrostire sul davanzale nella speranza che avrebbe piovuto. Apro la finestra e la bottiglietta ancora fredda sulla mia scrivania, e gliela verso tutta nel vaso. Spero che l’acqua frizzante non gli faccia male, ma è meglio di niente in questo caso.
La temperatura record su cui poter scommettere ad occhi chiusi in queste settimane è di 39 gradi Celsius, non certo il massimo per fare qualunque cosa.
Per convincermi a superare l’attrito iniziale, penso che in moto mi darà una mano il costante wind chill.
Sulla carta non aspettiamo altro che i cambiamenti: ma quando arrivano, li accompagna sempre un senso d’incertezza.
So abbastanza bene che la magia bisogna andarsela a cercare lontano dalla propria comfort zone, quindi devo soltanto trovare le parole per spiegare a mia moglie in dolce attesa che sto per partire per un viaggio in moto in solitaria. Basterà non combinare guai: a chi mi dice che è un momento in cui devo stare alla larga dai pericoli e fare un po’ di vita d’ufficio, rispondo che è più interessate la gestione del rischio rispetto al “nulla da fare, nulla da temere”. E poi Clint Eastwood avrebbe detto: “Nella vita se vuoi una garanzia, comprati un tostapane”.
Organizzo il passaggio di consegne per i giorni in cui starò fuori, poi spengo il computer e vado di corsa a preparare i bagagli.
Mentre aspetto il volo, leggo un articolo su un magazine. L’autore sta sperimentando un mese lontano dai social network e invita i lettori a fare altrettanto “per scoprire la vita in maniera più profonda” e cosa veramente “mi piace”.
Mi viene da sorridere e penso a quanto la vita di un motociclista sia già di per sé ricca di autenticità.
La moto ti costringe a concentrarti sul presente ad ogni curva. Certe cose devi prenderle sul serio e altre soltanto per quello che sono.
Devi far bene i tuoi calcoli, avere lucidità e coraggio. E fortuna. E non dimenticare che se non hai paura prima, sei nei guai dopo.
John Wayne diceva che il coraggio non significa non avere paura: significa avere paura e montare in sella lo stesso. E io decido che quello che sto per fare sarà un viaggio vero, autentico. Non un facile road test, voglio produrre un racconto di viaggio e mettere alla prova la moto, il fisico e i limiti di entrambi.
Tanta strada, tantissimi chilometri.
La Scrambler dove può arrivare? E io?
La Land of Joy: che esista o meno, voglio andarla a cercare. E magari trovarla.
Protetto dai 24 gradi del mio ufficio, guardo una pianta che qualche collega già andato in ferie ha lasciato ad arrostire sul davanzale nella speranza che avrebbe piovuto. Apro la finestra e la bottiglietta ancora fredda sulla mia scrivania, e gliela verso tutta nel vaso. Spero che l’acqua frizzante non gli faccia male, ma è meglio di niente in questo caso.
La temperatura record su cui poter scommettere ad occhi chiusi in queste settimane è di 39 gradi Celsius, non certo il massimo per fare qualunque cosa.
Per convincermi a superare l’attrito iniziale, penso che in moto mi darà una mano il costante wind chill.
Sulla carta non aspettiamo altro che i cambiamenti: ma quando arrivano, li accompagna sempre un senso d’incertezza.
So abbastanza bene che la magia bisogna andarsela a cercare lontano dalla propria comfort zone, quindi devo soltanto trovare le parole per spiegare a mia moglie in dolce attesa che sto per partire per un viaggio in moto in solitaria. Basterà non combinare guai: a chi mi dice che è un momento in cui devo stare alla larga dai pericoli e fare un po’ di vita d’ufficio, rispondo che è più interessate la gestione del rischio rispetto al “nulla da fare, nulla da temere”. E poi Clint Eastwood avrebbe detto: “Nella vita se vuoi una garanzia, comprati un tostapane”.
Organizzo il passaggio di consegne per i giorni in cui starò fuori, poi spengo il computer e vado di corsa a preparare i bagagli.
Mentre aspetto il volo, leggo un articolo su un magazine. L’autore sta sperimentando un mese lontano dai social network e invita i lettori a fare altrettanto “per scoprire la vita in maniera più profonda” e cosa veramente “mi piace”.
Mi viene da sorridere e penso a quanto la vita di un motociclista sia già di per sé ricca di autenticità.
La moto ti costringe a concentrarti sul presente ad ogni curva. Certe cose devi prenderle sul serio e altre soltanto per quello che sono.
Devi far bene i tuoi calcoli, avere lucidità e coraggio. E fortuna. E non dimenticare che se non hai paura prima, sei nei guai dopo.
John Wayne diceva che il coraggio non significa non avere paura: significa avere paura e montare in sella lo stesso. E io decido che quello che sto per fare sarà un viaggio vero, autentico. Non un facile road test, voglio produrre un racconto di viaggio e mettere alla prova la moto, il fisico e i limiti di entrambi.
Tanta strada, tantissimi chilometri.
La Scrambler dove può arrivare? E io?
La Land of Joy: che esista o meno, voglio andarla a cercare. E magari trovarla.
2.
A thing is a thing, not what is said of that thing. (dal film Birdman)

Avete mai sentito la frase “a thing is a thing, not what is said of that thing”? La campagna di marketing della Scrambler ha evocato con successo un piacevole immaginario.
Ho in mente però d’andare contro corrente, e fare qualcosa di diverso: voglio mettere a fuoco la moto e sfocare il riuscito mondo che gravita intorno al “prodotto” Scrambler. Non mi interessa andare sul sicuro presentando qualcosa di già visto.
I goggles e le simpatiche camicie a scacchi hanno avuto e avranno il loro spazio. Ma un’altra volta.
Nel preparare i bagagli lascio a casa anche lo splendido longboard australiano che mi è appena arrivato e che all’inizio avrei voluto portare visto quanto è fotogenico, divertente sulle discese e in linea con il mood di cui parlavo prima. Ma preferisco concentrarmi al cento per cento sul viaggio con la Scrambler.
Fra l’equipaggiamento che ho a disposizione, faccio scelte pragmatiche ed essenziali: air jacket, guanti, paraschiena, jeans armati, boots, qualche t-shirt e nient’altro. Quando si viaggia in moto è bene essere il più protetto e il più leggero possibile. Ho davanti a me tanti (bellissimi e durissimi) chilometri.
Partenza e arrivo sono a Borgo Panigale, un posto storico e avvolto nella leggenda, dove una vecchia canzone dice che si può vedere una specie d’aurora boreale. Chissà se c’è qualcosa di vero o serviva soltanto per la rima.
Parto per un viaggio on the road. Ducati ha un DNA sportivo costruito sull’asfalto, ma questa è La Scrambler dopo tutto. Come se la caverà se la strada finisce?
Le borse da viaggio non erano ancora disponibili e ho dovuto accontentarmi di uno zaino. Non è però un grosso problema. I sogni: quanto spazio occupano?
Ho in mente però d’andare contro corrente, e fare qualcosa di diverso: voglio mettere a fuoco la moto e sfocare il riuscito mondo che gravita intorno al “prodotto” Scrambler. Non mi interessa andare sul sicuro presentando qualcosa di già visto.
I goggles e le simpatiche camicie a scacchi hanno avuto e avranno il loro spazio. Ma un’altra volta.
Nel preparare i bagagli lascio a casa anche lo splendido longboard australiano che mi è appena arrivato e che all’inizio avrei voluto portare visto quanto è fotogenico, divertente sulle discese e in linea con il mood di cui parlavo prima. Ma preferisco concentrarmi al cento per cento sul viaggio con la Scrambler.
Fra l’equipaggiamento che ho a disposizione, faccio scelte pragmatiche ed essenziali: air jacket, guanti, paraschiena, jeans armati, boots, qualche t-shirt e nient’altro. Quando si viaggia in moto è bene essere il più protetto e il più leggero possibile. Ho davanti a me tanti (bellissimi e durissimi) chilometri.
Partenza e arrivo sono a Borgo Panigale, un posto storico e avvolto nella leggenda, dove una vecchia canzone dice che si può vedere una specie d’aurora boreale. Chissà se c’è qualcosa di vero o serviva soltanto per la rima.
Parto per un viaggio on the road. Ducati ha un DNA sportivo costruito sull’asfalto, ma questa è La Scrambler dopo tutto. Come se la caverà se la strada finisce?
Le borse da viaggio non erano ancora disponibili e ho dovuto accontentarmi di uno zaino. Non è però un grosso problema. I sogni: quanto spazio occupano?
3.
The best way to make your dreams come true, is to wake up. (M. Ali)
Lasciando Borgo Panigale attraverso una caldissima periferia che somiglia a molte altre. Una breve sosta vicino a un capannone industriale regala l’occasione per far già fuori quasi tutta la scorta d’acqua. Da qui prendo la prima, lunga e unica autostrada che mi è utile per lasciarmi alle spalle i luoghi conosciuti: le città, il traffico delle tangenziali, le spiagge affollate dai villeggianti. Tutto quanto.
E semplicemente spalanco il gas.
L’aria mi accarezza e mi avvolge interamente nonostante il caldo che sembra attanagliare qualunque altra cosa. Vedo gli automobilisti, sigillati nelle loro scatole di metallo condizionate, i loro volti però sembrano sempre infastiditi. Mi sento un privilegiato adesso.
Quando incrocio qualche camion lanciato in velocità, il vento diventa immediatamente brusco e bollente. Ha il sapore del diesel e mi da’ qualche spintone così forte che sembra essere dotato di braccia. Resisto come un marinaio sul ponte d’una barca a vela con le onde grosse. Afferro più saldamente il largo manubrio, reggendomici come alla ruota di un timone, e mi aiuto stringendo lo snello serbatoio fra le ginocchia. Poi ruoto il polso e sono già lontano.
La Scrambler è per certi aspetti, la più americana delle Ducati. La prima versione fu prodotta negli anni ’60 su richiesta dell’importatore statunitense. E in un certo senso (in senso buono) la posizione di guida è piuttosto americaneggiante: le braccia in posizione alta e distesa erano uno dei miei concern riguardo alla moto. Scopro invece che la posizione risulta comoda e naturale. E permette di guidare. Permette ogni tipo di guida con estrema facilità. Quella che invece si rivela dopo i primi metri una cosa a cui non mi voglio abituare, è la seduta piuttosto bassa. Da fermo non si avverte, ma in movimento le cose cambiano abbastanza. Lo dico subito: la Scrambler è una moto così ben riuscita in ogni aspetto tecnico e di design che necessita di una sella più sostenuta e più alta, a un’altezza che permetta a chi lo desidera una guida attiva con il corpo. Per il resto c’è da innamorarsene in ogni suo aspetto: è bella da ogni prospettiva. È agile, facile e si guida bene. Altro che moto da locale in centro.
E semplicemente spalanco il gas.
L’aria mi accarezza e mi avvolge interamente nonostante il caldo che sembra attanagliare qualunque altra cosa. Vedo gli automobilisti, sigillati nelle loro scatole di metallo condizionate, i loro volti però sembrano sempre infastiditi. Mi sento un privilegiato adesso.
Quando incrocio qualche camion lanciato in velocità, il vento diventa immediatamente brusco e bollente. Ha il sapore del diesel e mi da’ qualche spintone così forte che sembra essere dotato di braccia. Resisto come un marinaio sul ponte d’una barca a vela con le onde grosse. Afferro più saldamente il largo manubrio, reggendomici come alla ruota di un timone, e mi aiuto stringendo lo snello serbatoio fra le ginocchia. Poi ruoto il polso e sono già lontano.
La Scrambler è per certi aspetti, la più americana delle Ducati. La prima versione fu prodotta negli anni ’60 su richiesta dell’importatore statunitense. E in un certo senso (in senso buono) la posizione di guida è piuttosto americaneggiante: le braccia in posizione alta e distesa erano uno dei miei concern riguardo alla moto. Scopro invece che la posizione risulta comoda e naturale. E permette di guidare. Permette ogni tipo di guida con estrema facilità. Quella che invece si rivela dopo i primi metri una cosa a cui non mi voglio abituare, è la seduta piuttosto bassa. Da fermo non si avverte, ma in movimento le cose cambiano abbastanza. Lo dico subito: la Scrambler è una moto così ben riuscita in ogni aspetto tecnico e di design che necessita di una sella più sostenuta e più alta, a un’altezza che permetta a chi lo desidera una guida attiva con il corpo. Per il resto c’è da innamorarsene in ogni suo aspetto: è bella da ogni prospettiva. È agile, facile e si guida bene. Altro che moto da locale in centro.
4.
Attenti a quelli che cercano continuamente la folla. Da soli non sono nessuno. (C. Buckowsky)
Il motore non strappa le braccia per la spinta che è però briosa, altri 100 cc (oltre a una sella più alta) e sarebbe un mezzo totale anche per i più esperti, ma forse basterebbe semplicemente un sound più coinvolgente... il leggendario “L” twin raffreddato ad aria e olio, non è mai vuoto o pigro e fa sorridere in ogni frangente per come si comporta bene. I cavalli non sono tanti, ma sono tutti di razza, sempre pronti.
La Scrambler, non è certo una cruiser, né una naked, e tantomeno una moto da off road. Una scrambler (dal verbo to scramble, mescolare) permette di fare qualunque cosa: dal trasferimento autostradale, all’attraversamento di tanti passi di montagna, allo sterrato vero e proprio grazie al cerchio anteriore da 18’’ e alle ottime Pirelli dual use dedicate.
Si fa apprezzare perfino quando percorriamo senza storie l’autostrada. L’unica di questo viaggio. Eppure non è certo il suo e il mio ambiente. La totale esposizione all’aria non è un difetto in questo caso. Mi è sempre piaciuta l’aria sulla faccia in fondo e il piacevole refrigerio offerto dal vento, mi permette di percorrere di slancio molti chilometri. Il casco che ho scelto, è progettato per una posizione di guida eretta ed esposta all’aria e mi facilita le cose. Le prese d’aria sono voraci e in movimento si sta abbastanza freschi. Prima di partire ci ho attaccato, come portafortuna, un adesivo tributo ad un personaggio di Vince Gillian. Ero dell’umore giusto .
Quando vedo dei bei posti in lontananza che avrei potuto attraversare, sento un po’ di rimorso, ma quando passo davanti a qualche fabbrica e mi entra nelle narici l’odore di quello che producono, dai solventi al cibo per cani, sono convinto che la cosa migliore sia allontanarsi più possibile dalla civiltà, per andare alla ricerca di qualcosa di autentico e potente nella natura.
Quando lascio l’autostrada per non incrociarla mai più, anche se sono all’inizio del viaggio capisco che ho una chance di scoprire una strada verso la libertà e la bellezza.
Dopo aver attraversato un paesaggio collinare e poi essere salito su una specie di grosso colle coperto da un fresco bosco, trovo una ripida stradina che scende fino ad una piccola spiaggia stretta fra due speroni di roccia.
Un bel posto per riposare un po’ alla fine di una giornata impegnativa. Non c’è quasi nessuno incredibilmente e la cosa non mi dispiace affatto. È la fine di una giornata intensa, ma sento una stanchezza ricca di soddisfazione. L’improvvisa vista del mare e dello spazio di colpo aperto e sconfinato, mi fa provare la sensazione d’essere sulla strada giusta…anche se in realtà non ho esattamente una meta e ho solo una direzione. D’ora in poi mi concederò il lusso di scegliere una strada piuttosto che un’altra, in funzione della sua bellezza.
.
5.
Sii qui, ora. (R. Dass)
Al mattino, la strada scorre rapida e sinuosa come un fiume di montagna. La Scrambler procede senza sforzo in un veloce trotto; posso guardarmi intorno mentre schivo, un po’ per divertimento, le numerose buche nell’asfalto. La forcella è semplice, ma fa bene il suo dovere.
Il mono posteriore è invece più brusco e secco nella risposta. Per fortuna nel suo compito è aiutato dal paffuto gommone posteriore che è anche bello da vedere. La sorprendente agilità della Scrambler è una dote preziosa nel procedere in questo slalom. E soprattutto nell’impostare rapidamente una curva dopo l’altra senza fatica.
Il misto veloce, è storicamente il terreno di caccia di tutte le bicilindriche di Borgo Panigale e la Scrambler non fa eccezione. Frena dolcemente, ma bene. E il grosso disco singolo anteriore non produce nessun effetto torcente, neanche se provocato di proposito.
La strada che sto percorrendo è molto diversa da quelle di costruzione più recente: invece di congiungere più brevemente possibile un posto con un’altro servendosi di cavalcavia e tutto il resto, procede tortuosa. Senza fretta, seguendo dall’alto il corso d’un fiume.
Nascosto dalla vegetazione, il corso d’acqua fa la sua apparizione quando il paesaggio finalmente si allarga per poi stringersi fra due imponenti pareti rocciose.
Il mono posteriore è invece più brusco e secco nella risposta. Per fortuna nel suo compito è aiutato dal paffuto gommone posteriore che è anche bello da vedere. La sorprendente agilità della Scrambler è una dote preziosa nel procedere in questo slalom. E soprattutto nell’impostare rapidamente una curva dopo l’altra senza fatica.
Il misto veloce, è storicamente il terreno di caccia di tutte le bicilindriche di Borgo Panigale e la Scrambler non fa eccezione. Frena dolcemente, ma bene. E il grosso disco singolo anteriore non produce nessun effetto torcente, neanche se provocato di proposito.
La strada che sto percorrendo è molto diversa da quelle di costruzione più recente: invece di congiungere più brevemente possibile un posto con un’altro servendosi di cavalcavia e tutto il resto, procede tortuosa. Senza fretta, seguendo dall’alto il corso d’un fiume.
Nascosto dalla vegetazione, il corso d’acqua fa la sua apparizione quando il paesaggio finalmente si allarga per poi stringersi fra due imponenti pareti rocciose.
È il momento di fare una sosta per reintegrare un po’ di liquidi e concedersi uno spuntino per pranzo. Intorno a me il deserto: niente 3G, ne’ un ristorante, ne’ qualcuno a cui chiedere. Mi sembra, proprio per questo motivo, un bel posto per fermarmi.
Anche se non c’è anima viva in giro, per consuetudine mi sento più sicuro a lasciare la Scrambler in un punto da cui mi guarda dall’alto del ciglio della strada (e da cui io posso vedere lei). Poi, liberato da casco e protezioni, scendo fino al bordo del fiume.
Trovo all’ombra degli alberi, un masso piatto e abbastanza accogliente che si sporge sull’acqua. Con le gambe che penzolano sulle acque grigio-verdi (mentre ringrazio il cielo che da queste parti non si sappia cosa sono gli alligatori) mi godo il momento di pace a contatto con la natura, con l’acqua che scorre sotto i miei piedi.
La vita, nella sua incomprensibile semplicità e perfezione è qui, ora.
Immerso nella quiete (fatta eccezione per il costante, pacato sciabordio delle acque) mi capita di guardare l’orologio al polso e mi rendo conto che è da quando sono partito che non ho più avuto veramente bisogno di sapere che ore sono; ho capito profondamente, in questo momento, il senso di quella scena di Easy Rider in cui Peter Fonda se ne libera. È un oggetto inutile qui. Evito di lanciarlo in acqua verso telecamere inesistenti a riprendere la scena (devo pur fare ritorno prima o poi e quell’orologio mi piace in fondo) e lo infilo semplicemente nella tasca dei jeans.
È il momento giusto per attingere alle “provviste d’emergenza”: due barrette energetiche gusto mela e un’acqua tonica ancora fortunatamente fresca. Se avessi cercato una destinazione particolare invece che partire per un rideabout (1), non avrei mai trovato questo posto qui.
(1) “giringiro”
Anche se non c’è anima viva in giro, per consuetudine mi sento più sicuro a lasciare la Scrambler in un punto da cui mi guarda dall’alto del ciglio della strada (e da cui io posso vedere lei). Poi, liberato da casco e protezioni, scendo fino al bordo del fiume.
Trovo all’ombra degli alberi, un masso piatto e abbastanza accogliente che si sporge sull’acqua. Con le gambe che penzolano sulle acque grigio-verdi (mentre ringrazio il cielo che da queste parti non si sappia cosa sono gli alligatori) mi godo il momento di pace a contatto con la natura, con l’acqua che scorre sotto i miei piedi.
La vita, nella sua incomprensibile semplicità e perfezione è qui, ora.
Immerso nella quiete (fatta eccezione per il costante, pacato sciabordio delle acque) mi capita di guardare l’orologio al polso e mi rendo conto che è da quando sono partito che non ho più avuto veramente bisogno di sapere che ore sono; ho capito profondamente, in questo momento, il senso di quella scena di Easy Rider in cui Peter Fonda se ne libera. È un oggetto inutile qui. Evito di lanciarlo in acqua verso telecamere inesistenti a riprendere la scena (devo pur fare ritorno prima o poi e quell’orologio mi piace in fondo) e lo infilo semplicemente nella tasca dei jeans.
È il momento giusto per attingere alle “provviste d’emergenza”: due barrette energetiche gusto mela e un’acqua tonica ancora fortunatamente fresca. Se avessi cercato una destinazione particolare invece che partire per un rideabout (1), non avrei mai trovato questo posto qui.
(1) “giringiro”
6.
Non puoi superare il pericolo senza il pericolo. (E. Cantona)
La strada prosegue spedita, e comincia a salire inesorabilmente. La Scrambler si dimostra sempre a suo agio, ma la sensazione di feeling immediato fra me e la moto è diventata una preziosa amicizia lungo l’attraversamento di un percorso stretto, ripido e scavato nella roccia.
Procedo con una parete di roccia a destra e nulla alla mia sinistra, il vuoto.
Un muretto a mo’ di guard rail, alto soltanto come una scatola di scarpe, separa idealmente la carreggiata dal precipizio.
La strada, bellissima e degna di un film d’azione, avanza così: stretta fra la roccia e la possibilità di finire di sotto.
D’un tratto, ho la sensazione d’essere entrato nel livello finale di un videogame: uscito da una breve galleria scavata nella pietra, la strada è disseminata di grossi pezzi di roccia che si sono staccati dalla parete sul fianco. Il cartello che diceva a lettere cubitali “pericolo caduta massi” era sincero.
In questo scenario incerto, sperando d’avere il tempo di passare senza che cadano altri massi, sono felice d’avere la testa dentro il casco.
Procedo al massimo della velocità permessa dal buon senso, mentre cerco di restare il più possibile al centro della carreggiata e con le ruote evito i pezzi di roccia di varie grandezze disseminati ovunque sull’asfalto. La Scrambler mi asseconda con una perfetta manovrabilità e dimostra ancora di essere ben altro che un mezzo buono per l’aperitivo in centro.
Di questo posto suggestivo non ci sono immagini. Non sto a spiegarvi perché, ma averlo attraversato indenne è un risultato ricco di soddisfazione. Mi viene in mente che per abitudine, per evitare il pericolo, rischiamo di sfuggire alla vita. Meglio una vita vera, pericolosa, e sfuggire alla morte invece.
Procedo con una parete di roccia a destra e nulla alla mia sinistra, il vuoto.
Un muretto a mo’ di guard rail, alto soltanto come una scatola di scarpe, separa idealmente la carreggiata dal precipizio.
La strada, bellissima e degna di un film d’azione, avanza così: stretta fra la roccia e la possibilità di finire di sotto.
D’un tratto, ho la sensazione d’essere entrato nel livello finale di un videogame: uscito da una breve galleria scavata nella pietra, la strada è disseminata di grossi pezzi di roccia che si sono staccati dalla parete sul fianco. Il cartello che diceva a lettere cubitali “pericolo caduta massi” era sincero.
In questo scenario incerto, sperando d’avere il tempo di passare senza che cadano altri massi, sono felice d’avere la testa dentro il casco.
Procedo al massimo della velocità permessa dal buon senso, mentre cerco di restare il più possibile al centro della carreggiata e con le ruote evito i pezzi di roccia di varie grandezze disseminati ovunque sull’asfalto. La Scrambler mi asseconda con una perfetta manovrabilità e dimostra ancora di essere ben altro che un mezzo buono per l’aperitivo in centro.
Di questo posto suggestivo non ci sono immagini. Non sto a spiegarvi perché, ma averlo attraversato indenne è un risultato ricco di soddisfazione. Mi viene in mente che per abitudine, per evitare il pericolo, rischiamo di sfuggire alla vita. Meglio una vita vera, pericolosa, e sfuggire alla morte invece.
7.
Non potrai attraversare l’oceano, finché non avrai il coraggio di non vedere più la riva.
(C. Colombo)

Basta qualche manciata di curve per modificare il paesaggio. Mentre il percorso continua la sua salita, la temperatura scende progressivamente. In uno scomparto dello zaino, trovo una sottile maglia in gore tex che uso negli allenamenti in inverno. La indosso per ripararmi un po’ dall’aria che sta diventando sorprendentemente fredda.
Prima di poter cercare un B&B per la notte, io e la Scrambler piombiamo improvvisamente in quella che sembra essere una fitta nebbia. Il fascio di luce del fanale viene fermato dalla soffice, barriera grigiastra che ci avvolge completamente. Ai margini della strada, vedo solo quando li affianco i paletti colorati a strisce che in inverno indicano il livello della neve.
Siamo all’interno di un grande parco naturale e decido di parcheggiare vicino al cartello che indica quale Passo sto attraversando per farmi un’idea di dove mi trovo. Voglio anche provare a fare qualche foto in questo scenario un po’ surreale. Un rapace lascia il suo rifugio su un albero troppo vicino a dove mi sono fermato per non averlo disturbato. Ma un’altro cartello attira la mia attenzione. Dice qualcosa del genere: “Attenzione! La velocità uccide gli orsi”. Pazienza per le fotografie..monto in sella, accendo il motore e riparto senza perdere troppo tempo.
Passata una manciata di minuti, gradualmente, come dal nulla filtrano decine di raggi del sole e capisco che non era un banco nebbia: ma una grossa nuvola che aveva avvolto la montagna. Vorrei arrivare prima che faccia buio, ma estraggo il telefono per una scattare una veloce fotografia.
Prima di poter cercare un B&B per la notte, io e la Scrambler piombiamo improvvisamente in quella che sembra essere una fitta nebbia. Il fascio di luce del fanale viene fermato dalla soffice, barriera grigiastra che ci avvolge completamente. Ai margini della strada, vedo solo quando li affianco i paletti colorati a strisce che in inverno indicano il livello della neve.
Siamo all’interno di un grande parco naturale e decido di parcheggiare vicino al cartello che indica quale Passo sto attraversando per farmi un’idea di dove mi trovo. Voglio anche provare a fare qualche foto in questo scenario un po’ surreale. Un rapace lascia il suo rifugio su un albero troppo vicino a dove mi sono fermato per non averlo disturbato. Ma un’altro cartello attira la mia attenzione. Dice qualcosa del genere: “Attenzione! La velocità uccide gli orsi”. Pazienza per le fotografie..monto in sella, accendo il motore e riparto senza perdere troppo tempo.
Passata una manciata di minuti, gradualmente, come dal nulla filtrano decine di raggi del sole e capisco che non era un banco nebbia: ma una grossa nuvola che aveva avvolto la montagna. Vorrei arrivare prima che faccia buio, ma estraggo il telefono per una scattare una veloce fotografia.
8.
Puoi vivere più in 5 minuti a gas spalancato su una motocicletta, di quanto a certe persone capita in una vita intera. (B. Munro)
La Scrambler macina chilometri marciando esattamente per quella che è. Una moto leggera ed essenziale e perfino piuttosto svelta se si vuole. L’assenza del ride by wire è avvertibile ma, a differenza delle Ducati vecchia scuola che a bassa velocità strappavano e scalciavano come purosangue chiusi in un recinto, la Scrambler è così educata che il comando del gas a corsa corta -come nelle vecchie moto da gara- contribuisce a darle carattere.
Ad un tratto sulla strada, mi raggiunge e mi supera un rider su una grossa bicilindrica da viaggio, con 400 cc più della mia. Una mano portata dietro la schiena si apre e si chiude in un amichevole (?) “ciao ciao” prima di sparire in un rombo cupo come un tuono che preannuncia pioggia. Fare po’ di strada in compagnia non mi dispiace e cambio passo per provare a raggiungerlo. Comincio a guidare con impegno sempre crescente, ma stava andando forte. Per la concentrazione non sbatto neanche le palpebre. Poi inizio a sentire di nuovo il rombo e vedo la sagoma apparire e scomparire dietro i tornanti e alla fine raggiungo l’altro rider. Mi affianco e saluto con un cenno, portando due dita della mano sinistra verso il lato della fronte, come per fare un blando saluto militare sbagliato. Sorrido (dentro il casco) e rallento. Mi allento un po’ gli spallacci dello zaino in modo che il peso ricada quasi completamente sulla sella, e riprendo il giusto ritmo, solcando senza stress l’onda lunga dell’asfalto.
Ad un tratto sulla strada, mi raggiunge e mi supera un rider su una grossa bicilindrica da viaggio, con 400 cc più della mia. Una mano portata dietro la schiena si apre e si chiude in un amichevole (?) “ciao ciao” prima di sparire in un rombo cupo come un tuono che preannuncia pioggia. Fare po’ di strada in compagnia non mi dispiace e cambio passo per provare a raggiungerlo. Comincio a guidare con impegno sempre crescente, ma stava andando forte. Per la concentrazione non sbatto neanche le palpebre. Poi inizio a sentire di nuovo il rombo e vedo la sagoma apparire e scomparire dietro i tornanti e alla fine raggiungo l’altro rider. Mi affianco e saluto con un cenno, portando due dita della mano sinistra verso il lato della fronte, come per fare un blando saluto militare sbagliato. Sorrido (dentro il casco) e rallento. Mi allento un po’ gli spallacci dello zaino in modo che il peso ricada quasi completamente sulla sella, e riprendo il giusto ritmo, solcando senza stress l’onda lunga dell’asfalto.
9.
To go faster, add lightness. (C. Chapman)
Inseguendo l’obiettivo della maggior leggerezza possibile, ho lasciato a casa il laptop e sto prendendo appunti con una penna d’acciaio, su un vecchio Moleskine ancora nuovo acquistato anni fa in una libreria in centro “perché non si sa mai”...
Sarà lunga trascrivere tutto, ma è piacevolmente inusuale vedere la spessa carta color crema assorbire l’abbondante inchiostro che esce dalla penna.
In ogni caso non cerco di allontanarmi dalla modernità, anzi: per trovare uno sperduto bed and breakfast (lontano più di quanto avevo immaginato dall’ultima strada blandamente asfaltata) ho montato l’iPhone sul manubrio della Scrambler, creando un supporto fai da te con il fixtape argentato. Poi, dopo averne verificato la tenuta (sorprendentemente soddisfacente) ho attivato Google Maps.
Più avanti, guardando sulla mappa la via tortuosa che si snodava fra boschi e campi di paglia dorata, ho deciso di prendere una scorciatoia: in piedi sulle pedane, ho abbandonato la strada indicata. La Scrambler con la gommatura di serie, se l’è cavata piuttosto bene anche se il terreno era più sconnesso di quanto sembrava. Gli occhi facevano a gara con il sole mentre guidavo dritto verso il tramonto.
Sarà lunga trascrivere tutto, ma è piacevolmente inusuale vedere la spessa carta color crema assorbire l’abbondante inchiostro che esce dalla penna.
In ogni caso non cerco di allontanarmi dalla modernità, anzi: per trovare uno sperduto bed and breakfast (lontano più di quanto avevo immaginato dall’ultima strada blandamente asfaltata) ho montato l’iPhone sul manubrio della Scrambler, creando un supporto fai da te con il fixtape argentato. Poi, dopo averne verificato la tenuta (sorprendentemente soddisfacente) ho attivato Google Maps.
Più avanti, guardando sulla mappa la via tortuosa che si snodava fra boschi e campi di paglia dorata, ho deciso di prendere una scorciatoia: in piedi sulle pedane, ho abbandonato la strada indicata. La Scrambler con la gommatura di serie, se l’è cavata piuttosto bene anche se il terreno era più sconnesso di quanto sembrava. Gli occhi facevano a gara con il sole mentre guidavo dritto verso il tramonto.
10.
Più di quello che hai alle spalle e di quello che hai davanti, conta quello che hai dentro. (A. Rock)

Arrivato proprio qui: nel bel mezzo del nulla, la signora che gestisce il B&B, mi accoglie come uno di famiglia, informandomi che la cena è quasi pronta (anche se non ho ancora fatto alcuna ordinazione).
Si sta alzando un forte vento e mi invita a ricoverare la Scrambler in un vicino fienile per evitare che possa cadere se le condizioni dovessero peggiorare molto. Mi fido e accetto di buon grado il consiglio.
Sono abituato a non sapere come si chiamano i miei vicini. Un saluto aspettando l’ascensore, rappresenta tutti i convenevoli da pianerottolo con chi appena conosco. Sono un po’ spiazzato: non credo che possa interessarle sul serio ma la signora che gestisce il posto, cucina e probabilmente fa quasi tutto qui, mi rivolge diverse domande sul viaggio, sul pezzo che sto scrivendo e vuole che le ripeta più di una volta il nome “Motor News World.com”. Penso che questa conversazione sia motivata più da un tenero senso di cortesia che da interesse, e io le rispondo gentilmente, ma nella maniera più sintetica possibile per non farle perdere tempo. Lei tuttavia insiste che le ripeta ancora il nome del sito perché... vuole metterci un like. Le sorrido con gli occhi, occupato a ricacciare in gola l’arida domanda se accettano carte di credito. Devo resettarmi e sintonizzarmi..
L’edificio è un’antica casa in pietra con il tetto sorretto da una struttura in legno, ed è posto sul fianco d’una ampia vallata. Fa parte di una piccola fattoria con animali che girano liberi per il cortile, e tutto il resto.
L'atmosfera che mi circonda ha qualcosa che mi sembra familiare: mi ricorda quella calda e rassicurante che era nell’aria quando trascorrevo l'estate nella casa dei nonni.
Dopo cena, il buio all’esterno si fa completo e non ci sono altre luci a perdita d’occhio. Con una fetta di torta alla crema troppo abbondante per non avere sensi di colpa, ma troppo ghiotta per non finirla (servita per giunta insieme al caffè ancora dentro una piccola moka) mi riposo un po’ all’aperto mentre sorseggio la tazzina che ho riempito fino all’orlo per far durare tutto il più possibile.
Sotto la curva del cielo lo spettacolo delle innumerevoli stelle non riesce a sembrarmi qualcosa di già visto durante altre mille estati: ho la sensazione di poter vedere qualcosa creato per un altro fine, ma che qualcuno ha lasciato acceso per farmi un regalo.
Mentre vado a dormire noto che le porte sono antiche come le casa stessa e, abituato alle blindature di città, mi sembrano “precarie”. Ma fuori ci sono solo i boschi in fondo, la valle, la natura, il mondo.
Trovo sul comodino una brocca d’acqua fresca che immagino presa dal fontanile che ho visto arrivando, ma è solo una suggestione ovviamente.
Mi lancio sulle lenzuola ancora fresche di bucato, con le spalle doloranti per via delle lunghe ore con lo zaino e la schiena messa come dovevano essere messe quelle dei cow boy dopo giornate intere in sella.
Mi scorrono nella mente le innumerevoli immagini che hanno visto miei occhi durante la giornata e scivolo quasi subito in un sonno profondo.
Si sta alzando un forte vento e mi invita a ricoverare la Scrambler in un vicino fienile per evitare che possa cadere se le condizioni dovessero peggiorare molto. Mi fido e accetto di buon grado il consiglio.
Sono abituato a non sapere come si chiamano i miei vicini. Un saluto aspettando l’ascensore, rappresenta tutti i convenevoli da pianerottolo con chi appena conosco. Sono un po’ spiazzato: non credo che possa interessarle sul serio ma la signora che gestisce il posto, cucina e probabilmente fa quasi tutto qui, mi rivolge diverse domande sul viaggio, sul pezzo che sto scrivendo e vuole che le ripeta più di una volta il nome “Motor News World.com”. Penso che questa conversazione sia motivata più da un tenero senso di cortesia che da interesse, e io le rispondo gentilmente, ma nella maniera più sintetica possibile per non farle perdere tempo. Lei tuttavia insiste che le ripeta ancora il nome del sito perché... vuole metterci un like. Le sorrido con gli occhi, occupato a ricacciare in gola l’arida domanda se accettano carte di credito. Devo resettarmi e sintonizzarmi..
L’edificio è un’antica casa in pietra con il tetto sorretto da una struttura in legno, ed è posto sul fianco d’una ampia vallata. Fa parte di una piccola fattoria con animali che girano liberi per il cortile, e tutto il resto.
L'atmosfera che mi circonda ha qualcosa che mi sembra familiare: mi ricorda quella calda e rassicurante che era nell’aria quando trascorrevo l'estate nella casa dei nonni.
Dopo cena, il buio all’esterno si fa completo e non ci sono altre luci a perdita d’occhio. Con una fetta di torta alla crema troppo abbondante per non avere sensi di colpa, ma troppo ghiotta per non finirla (servita per giunta insieme al caffè ancora dentro una piccola moka) mi riposo un po’ all’aperto mentre sorseggio la tazzina che ho riempito fino all’orlo per far durare tutto il più possibile.
Sotto la curva del cielo lo spettacolo delle innumerevoli stelle non riesce a sembrarmi qualcosa di già visto durante altre mille estati: ho la sensazione di poter vedere qualcosa creato per un altro fine, ma che qualcuno ha lasciato acceso per farmi un regalo.
Mentre vado a dormire noto che le porte sono antiche come le casa stessa e, abituato alle blindature di città, mi sembrano “precarie”. Ma fuori ci sono solo i boschi in fondo, la valle, la natura, il mondo.
Trovo sul comodino una brocca d’acqua fresca che immagino presa dal fontanile che ho visto arrivando, ma è solo una suggestione ovviamente.
Mi lancio sulle lenzuola ancora fresche di bucato, con le spalle doloranti per via delle lunghe ore con lo zaino e la schiena messa come dovevano essere messe quelle dei cow boy dopo giornate intere in sella.
Mi scorrono nella mente le innumerevoli immagini che hanno visto miei occhi durante la giornata e scivolo quasi subito in un sonno profondo.
11.
If I am free, is because I am always running. (J. Hendrix)
Resterei qui una vita, ma sto diventando sensibile al senso della scoperta che è la droga di chi viaggia. Le giornate sono intense e lunghissime, mi sembra di essere partito non da giorni, ma da mesi per quante cose ho visto stando in sella alla moto. Dopo una colazione dei campioni, riparto in sella alla Scrambler col pieno di benzina, di calorie e d’energia. C’è un forte vento stamattina.Il respiro di Gaia, una cosa semplicemente fantastica.
12.
È terribilmente facile morire. Difficile è riuscire a vivere veramente. (H. Jones, olimpiadi di Tokyo)
Viaggiare in motocicletta è diverso dal viaggiare con qualunque altro mezzo.
Si può andare ovunque in aereo, ma durante il viaggio non vediamo niente. Veniamo trasportati quasi come i pacchi imbarcati nella stiva. Arriviamo facilmente a destinazione, perdendoci l’avventura.
In automobile, possiamo fare all’incirca lo stesso percorso di un viaggio su una motocicletta, ma restiamo separati dall’ambiente circostante.
Stiamo seduti all’interno di una scatola, la moto invece la cavalchiamo.
Vediamo il mondo che ci circonda direttamente, non attraverso un parabrezza rettangolare perfino più piccolo del televisore di casa.
In moto, siamo immersi nella realtà senza barriere. I cartelli che annunciano la presenza degli orsi ti viene da prenderli sul serio.
Le moto sono, da sempre, una molla che ci spinge a sognare. Con la Scrambler, quei sogni non è difficile metterli in pratica. È un continuo invito a guidare, a non fermarti. Quando le strade finiscono non sei ancora necessariamente arrivato.
I confini, i limiti e le barriere sono soprattutto uno stato mentale. Puoi attraversare un prato di montagna fra l’erba alta, percorrere quella stradina bianca fatta di pietre che è quasi un sentiero. La libertà si trova dietro la prossima curva.
Si può andare ovunque in aereo, ma durante il viaggio non vediamo niente. Veniamo trasportati quasi come i pacchi imbarcati nella stiva. Arriviamo facilmente a destinazione, perdendoci l’avventura.
In automobile, possiamo fare all’incirca lo stesso percorso di un viaggio su una motocicletta, ma restiamo separati dall’ambiente circostante.
Stiamo seduti all’interno di una scatola, la moto invece la cavalchiamo.
Vediamo il mondo che ci circonda direttamente, non attraverso un parabrezza rettangolare perfino più piccolo del televisore di casa.
In moto, siamo immersi nella realtà senza barriere. I cartelli che annunciano la presenza degli orsi ti viene da prenderli sul serio.
Le moto sono, da sempre, una molla che ci spinge a sognare. Con la Scrambler, quei sogni non è difficile metterli in pratica. È un continuo invito a guidare, a non fermarti. Quando le strade finiscono non sei ancora necessariamente arrivato.
I confini, i limiti e le barriere sono soprattutto uno stato mentale. Puoi attraversare un prato di montagna fra l’erba alta, percorrere quella stradina bianca fatta di pietre che è quasi un sentiero. La libertà si trova dietro la prossima curva.
13.
La felicità non sta nell’assenza di contrasti, ma nell’armonia dei contrasti. (R. Benigni)

Percorrendo un sentiero su un pendio dolce, immerso in un bosco (quando l’asfalto non è che un ricordo) d’un tratto vedo una sagoma scura alzarsi in piedi.
Era uno stallone nero o marrone scuro che stava a terra, nella posizione della sfinge come stanno spesso i cani, che forse si godeva il fresco della vegetazione.
Sono sorpreso, anche quando mi accorgo d’avere tutta la sua attenzione: mi osserva diritto, un po’ nervoso, fin troppo in tensione. Le orecchie puntano entrambe irrevocabilmente verso di me e vedo le narici allargarsi per fiutare l’aria.
Spengo il motore per educazione e ascolto. Mi tolgo il casco e ci infilo il braccio fino al gomito in modo che si regga da solo. Appendo gli occhiali da sole al bordo della t-shirt e restiamo ad osservarci per qualche lungo secondo, fissandoci in un atipico stallo messicano uomo/animale, mentre entrambi decidiamo cosa dobbiamo fare.
Mi sbarra la strada e io senza togliere le mani dal manubrio, decido di proseguire verso di lui a spinta. Mentre gli vado incontro facendo un po’ di fatica, con il sudore che mi sta colando dalla fronte, vedo con la coda nell’occhio fra gli alberi alla mia sinistra una giumenta e un puledro un po’ arruffato. Ecco il motivo dell’agitazione. Continuo a camminare verso lo stallone, e quando finalmente li supero la madre con il piccolo passano trottando velocemente alle mie spalle. Appena arrivati “al sicuro”, il padre si muove nella loro direzione dandomi un ultimo sguardo laterale per poi unirsi a loro e non voltarsi più.
Quando sono ormai scomparsi, premo il pulsante d’accensione.
Ripensandoci, non sono certo che quei cavalli fossero di qualcuno. O magari sono allevati allo stato brado, ma di sicuro quel puledro che aveva al massimo due mesi di vita, non appartiene ancora a nessuno se non ai suoi genitori.
Era uno stallone nero o marrone scuro che stava a terra, nella posizione della sfinge come stanno spesso i cani, che forse si godeva il fresco della vegetazione.
Sono sorpreso, anche quando mi accorgo d’avere tutta la sua attenzione: mi osserva diritto, un po’ nervoso, fin troppo in tensione. Le orecchie puntano entrambe irrevocabilmente verso di me e vedo le narici allargarsi per fiutare l’aria.
Spengo il motore per educazione e ascolto. Mi tolgo il casco e ci infilo il braccio fino al gomito in modo che si regga da solo. Appendo gli occhiali da sole al bordo della t-shirt e restiamo ad osservarci per qualche lungo secondo, fissandoci in un atipico stallo messicano uomo/animale, mentre entrambi decidiamo cosa dobbiamo fare.
Mi sbarra la strada e io senza togliere le mani dal manubrio, decido di proseguire verso di lui a spinta. Mentre gli vado incontro facendo un po’ di fatica, con il sudore che mi sta colando dalla fronte, vedo con la coda nell’occhio fra gli alberi alla mia sinistra una giumenta e un puledro un po’ arruffato. Ecco il motivo dell’agitazione. Continuo a camminare verso lo stallone, e quando finalmente li supero la madre con il piccolo passano trottando velocemente alle mie spalle. Appena arrivati “al sicuro”, il padre si muove nella loro direzione dandomi un ultimo sguardo laterale per poi unirsi a loro e non voltarsi più.
Quando sono ormai scomparsi, premo il pulsante d’accensione.
Ripensandoci, non sono certo che quei cavalli fossero di qualcuno. O magari sono allevati allo stato brado, ma di sicuro quel puledro che aveva al massimo due mesi di vita, non appartiene ancora a nessuno se non ai suoi genitori.
14.
Cercare la felicità in questa vita: ecco il vero spirito di rivolta. (H.Ibsen)
Ad un certo punto, necessario e ineluttabile come i temporali estivi, arriva il momento di dover fare ritorno. Mi sento comunque pieno d’energia e di buonumore perché so che in qualche modo io e la Scrambler torneremo ad incontrarci presto.
La strada da fare è lunga, un po’ rischiosa, e soprattutto bellissima. E poi, ora più che mai, sono convinto che nella vita la cosa più pericolosa sia non avere sogni. Mi concedo una partenza “allegra” in leggera derapata sulla ghiaia.
Oltre che alla Ducati per la riconsegna della moto, sono atteso a casa. Mi aspettano dal giorno della mia partenza, e io sento la mancanza fin dal primo chilometro.
Fare ritorno è una sensazione piacevole e piena d’aspettative.
Sul tetto di quello che sembra essere un capanno che fa da rimessa (fatto di pietre e legno malandato) vedo un segnavento completamente arrugginito che punta ad ovest. Un libro diceva che “L’Ovest, per i nativi americani rappresenta l’età della saggezza, della maturità all’avvicinarsi del tramonto del sole. È il tempo di diventare genitori, prendere delle responsabilità ed esercitare il buon senso(*)”. Probabilmente, per via della ruggine non funziona più ed è bloccato così da anni, ma è la stessa direzione della fine di questo viaggio e il vento ora soffia con forza alle mie spalle.
Il viaggio di ritorno sarà altrettanto lungo e so che sarà denso di momenti preziosi. Per provare questa sensazione di totale libertà e riempirsi gli occhi della bellezza della natura, basta scegliere la strada giusta.
Attraversando uno di quegli spazi ancora vuoti sulle mappe, durante una sosta per il rifornimento il gestore abbandona la sua sedia da giardino accuratamente posta all’ombra e si avvicina. Ha alcune curiosità sulla moto o forse non vedeva soltanto l’ora fare due chiacchiere con qualcuno. Comunque, per forza di cose dev’essere la prima Scrambler che vede passare da queste parti visto che qui non passa mai nessuno.
Esaurite le domande di rito sulla moto, su da dove vengo e da quanto sono in viaggio, e dopo aver commentato il forte vento che c'è oggi; fa una breve pausa di riflessione. Forse ha fatto una stima approssimativa della distanza dal mio punto di partenza... e mi chiede se arrivo veramente da Borgo Panigale. Mentre bevo velocemente una soda in una bottiglietta di vetro, annuisco con un cenno e faccio subito scivolare una banconota nel distributore automatico cigolante per prenderne un’altra. L’apparecchio è ancora indeciso se rilasciare il resto o meno e il gestore mi domanda: “E ora dove se ne sta andando di bello?” Sorrido e premo il pulsante dell’accensione prima di rispondere: “a casa!”
A.F.
La strada da fare è lunga, un po’ rischiosa, e soprattutto bellissima. E poi, ora più che mai, sono convinto che nella vita la cosa più pericolosa sia non avere sogni. Mi concedo una partenza “allegra” in leggera derapata sulla ghiaia.
Oltre che alla Ducati per la riconsegna della moto, sono atteso a casa. Mi aspettano dal giorno della mia partenza, e io sento la mancanza fin dal primo chilometro.
Fare ritorno è una sensazione piacevole e piena d’aspettative.
Sul tetto di quello che sembra essere un capanno che fa da rimessa (fatto di pietre e legno malandato) vedo un segnavento completamente arrugginito che punta ad ovest. Un libro diceva che “L’Ovest, per i nativi americani rappresenta l’età della saggezza, della maturità all’avvicinarsi del tramonto del sole. È il tempo di diventare genitori, prendere delle responsabilità ed esercitare il buon senso(*)”. Probabilmente, per via della ruggine non funziona più ed è bloccato così da anni, ma è la stessa direzione della fine di questo viaggio e il vento ora soffia con forza alle mie spalle.
Il viaggio di ritorno sarà altrettanto lungo e so che sarà denso di momenti preziosi. Per provare questa sensazione di totale libertà e riempirsi gli occhi della bellezza della natura, basta scegliere la strada giusta.
Attraversando uno di quegli spazi ancora vuoti sulle mappe, durante una sosta per il rifornimento il gestore abbandona la sua sedia da giardino accuratamente posta all’ombra e si avvicina. Ha alcune curiosità sulla moto o forse non vedeva soltanto l’ora fare due chiacchiere con qualcuno. Comunque, per forza di cose dev’essere la prima Scrambler che vede passare da queste parti visto che qui non passa mai nessuno.
Esaurite le domande di rito sulla moto, su da dove vengo e da quanto sono in viaggio, e dopo aver commentato il forte vento che c'è oggi; fa una breve pausa di riflessione. Forse ha fatto una stima approssimativa della distanza dal mio punto di partenza... e mi chiede se arrivo veramente da Borgo Panigale. Mentre bevo velocemente una soda in una bottiglietta di vetro, annuisco con un cenno e faccio subito scivolare una banconota nel distributore automatico cigolante per prenderne un’altra. L’apparecchio è ancora indeciso se rilasciare il resto o meno e il gestore mi domanda: “E ora dove se ne sta andando di bello?” Sorrido e premo il pulsante dell’accensione prima di rispondere: “a casa!”
A.F.
(*) cit. da Indiani D'America, Il Grande Spirito parla al nostro cuore. Ed. Red